venerdì 6 novembre 2009

AVEVO SEI ANNI E MEZZO

Come promesso le THE ANGELS pubblicano la seconda parte della toccante storia di pedofilia che ha colpito Simone DI MAGGIO.

La storia di Simone è molto simile a quella di altre persone che, purtroppo, non hanno avuto il coraggio e la forza per denunciare ciò che gli è successo.
L'atto di questo ragazzo, speriamo sia utile a chi, come lui, ha patito o sta patendo le stesse pene.





SECONDA LETTURA


Valeria è accanto a me. Mi stringe la mano, e per un attimo sento la tensione scivolarmi via di dosso, i nodi nello stomaco sciogliersi. Le spalle mi si rilassano. In fondo che sarà mai?, penso.

Devo solo rispondere a delle domande, e nemmeno me ne renderò conto. Sarò ipnotizzato, no?

Qualunque cosa questo voglia dire. Ma è proprio il non saper cosa vuol dire che mi preoccupa.

Quando il professore mi fa entrare nel suo studio, Valeria resta fuori, tra i raccoglitori di riviste e le

piante ornamentali della piccola sala d’attesa.

Sprofondo sulla poltrona, e stavolta il professore non se ne sta dietro la scrivania. Prende una sedia, la gira e la sistema di fronte a me. Si siede. Mi parla per un po’, e capisco che lo sta facendo per far scorrere qualche minuto e mettermi a mio agio.

Finché non mi dice: «Chiuda gli occhi adesso, e segua le mie istruzioni…».

Dopo diversi tentativi infruttuosi ammette che sta riscontrando più difficoltà del previsto. Gli è capitato altre volte, spiega, di non riuscire a produrre lo stato di trance in un paziente, ma si rende

conto che da parte mia si oppongono una paura e una diffidenza tutte speciali. «È molto difficile…

Forse dovremmo rinunciare, o perlomeno rinviare», mi dice. Questa frase mi spaventa.

«Che vuol dire difficile? Che non sono normale?».

«No, è solo l’usuale meccanismo di resistenza…

Solo che in lei è particolarmente forte. Ci sono anche dei soggetti non ipnotizzabili, sa?».

Decidiamo di provare ancora una volta. Chiudo gli occhi, e la sua voce si fa all’improvviso lontana.

«…Tre, quattro… si abbandoni… Cinque, sei… e respiri…».

L’ultima cosa che ricordo è una bella sensazione di leggerezza, nel corpo e nella testa, come se questa si stesse svuotando lentamente. Poi una voce che dice «Si svegli…», sempre più forte e reale, come una finestra che si spalanca. «Si svegli!», e riapro gli occhi. Mi sento bene, come se avessi riposato a lungo.

«Allora professore?», chiedo. «Ce l’abbiamo fatta?».

Lui mi guarda per qualche secondo in silenzio.

Sembra esitare… «Credo di sì», dice poi.

«C’è qualche problema?».

«Penso sia meglio che lei veda la registrazione…Ma forse dovrebbe essere accompagnato da qualcuno. Un suo familiare…».

«Sono venuto qui con la mia ragazza, come sempre…Ma la registrazione la voglio vedere ora».

«Mi creda, ora è un po’ presto… È stanco, anche se fisicamente si sente bene la sua mente ha subito un’intrusione, uno stress…».

Non so che pensare. Il professore non mi è mai sembrato nervoso, e invece adesso lo osservo mentre rimette la sedia al suo posto, di fronte alla scrivania; mentre si pulisce le lenti degli occhiali, dà un’occhiata all’agenda, fa per sedersi ma poi resta in piedi, appoggiandosi con le mani alla scrivania.

«Voglio vedere la registrazione, professore…».

«Va bene, la decisione è sua».

Valeria non piange. Ha pianto all’inizio, le lacrime le rigavano silenziosamente le guance mentre mi guardava, e io a mia volta fissavo il monitor del piccolo televisore sul tavolino in un angolo dello studio. Adesso, in macchina, non piange più.

Mi ha chiesto se volevo che guidasse lei. Io, con le mie turbe, con i miei attacchi di panico che spesso mi hanno impedito di mettermi al volante, dico che posso guidare tranquillamente. Ed è così. Per il resto, non spiccico parola da quasi un’ora. Da quando siamo usciti dallo studio dello psichiatra e abbiamo raggiunto l’auto. Metto in moto, esco dal parcheggio e mi concentro sulla strada. Solo dopo un bel po’ di strada mi rendo conto che le mani mi stanno facendo male per quanto sto stringendo il volante. Le braccia quasi mi tremano per la tensione, ma vado avanti. Valeria ci prova. Dice: «Simone… », ma le sillabe stridono e metà del mio nome le resta strozzato in gola. Poi ancora lacrime, mentre la sua mano cerca la mia, prima sul volante, poi sul cambio. La mia mano che resta di marmo, con le nocche bianche per lo sforzo. E lei continua, mi sfiora la spalla, il viso. «Simone…», fa di nuovo. Ma io non posso distrarmi, sono troppo concentrato sulla striscia d’asfalto, sul colore dei semafori, sulle auto in doppia fila e sui motorini che mi superano a destra. Quando finalmente, arrivati sotto casa sua, mi volto, vedo che ha smesso di piangere.

Non piangerà più Valeria, non con me. Non per me. Si terrà dentro il dolore, l’orrore, la voglia di raggiungermi dentro, con i suoi occhi umidi contro i miei, con le sue ciglia bagnate intrecciate alle mie. Credo mi abbia amato ancora di più, da quel giorno. Mi ha amato di un amore adulto, forte, paziente, ostinato. Mi ha amato per quello che ero, nonostante ciò che di me era stato ucciso.

Nonostante io stessi cercando di uccidere quel che restava.




In ogni parte del mondo gli occhi innocenti dei bambini, in molte persone, non riescono affatto a sciogliere l’arido animo competitivo, per far posto ad una “naturale” sensazione di pace e tenerezza.

Chi abusa, infatti, ha un modo tutto suo di vivere/sentire la sessualità. Come se ritenesse legittimo abusare sui minori.
In realtà sono individui con un evidente bagaglio di disagio percettivo –comunicativo.
Spesso ha subìto a sua volta vissuti che lo hanno reso a sua volta “vittima” di un circuito vizioso e condotto ad un tale percepire “distorto” diventandone poi il “carnefice”.
L’incapacità dell’ambiente che ci circonda di inibire gli atteggiamenti di tali individui, sia per assenza, sia per handicap, piuttosto che per ostilità, remissione,o semplice vergogna/ paura, fanno da sfondo a tali drammi.

Non è più solo una questione di società d’appartenenza, di classe o di cultura.

La violenza sui bambini oramai è diffusissima, più di quanto gelide statistiche riportino con agghiacciante drammaticità.

Come riporta il dott. Sergio Puccelli, psicoterapeuta, in un suo articolo:
“la maggior parte degli autori di reato è invece persone conosciute dalla vittima come amici di famiglia, insegnanti, parenti e solitamente tra i 30 e i 35 anni”



FACCIAMO ATTENZIONE AI NOSTRI BAMBINI E ALLE LORO IMPLICITE RICHIESTE DI AIUTO!!!

3 commenti:

  1. grazie ragazze per il sostegno. un grande abbraccio, spero che anche tutti i collegnesi mi sostengano. a disposizione per iniziative e conferenze sul territorio. simone

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  2. Ciao Simone,
    non devi ringraziarci, l'abbiamo fatto e lo facciamo volentieri. Anzi, soprattutto, grazie a te di averci permesso, con coraggio, di conoscere una delle molte tristi verità, in questo caso la tua dura verità!
    Ricambio l'abbraccio anche da parte di Monica e Stefania e ti ringraziamo per la tua eventuale disponibilità futura.
    Claudia Longo
    THE ANGELS

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  3. Ciao Simone grazie del commento e per la tua disponibilita',presto faremo una conferenza naturalmente anche con te...e con donne che hanno subito violenze...un abbraccio forte a tutta la tua famiglia...ad una persona in particare...vostro figlio...un bacio

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